QUANDO IL COSTUME FA LA STAR

Eccoci qui,

in questo tempo di quarantena, Amazon Prime Video mi ha permesso di guardare finalmente un film che avevo miseramente mancato al cinema Rocketman, diretto da Dexter Fletcher, uno tra le molteplici biopic dello scorso anno. In questo, Taron Egerton interpreta l’ascesa del timido pianista prodigio Reginald Dwight che dalla provincia inglese riesce a diventare la star musicale e mondiale Elton John.

Fin dalla sua uscita il film è stato immediatamente paragonato a Bohemian Rapsody, biopic su Freddy Mercury che io, al contrario, non ho visto e per questo motivo non starò a schierarmi da una parte o dall’altra dell’olimpo musicale. Nè i Queen nè Elton John sono tra i miei artisti preferiti, ovviamente conosco le canzoni più famose, ma non ho guardato il film per motivi musicali o biografici. Principalmente sono stata immediatamente colpita dai costumi, che fin dal trailer apparivano come spettacolari!!!! Ebbene alla fine della storia sono immediatamente caduta nel mondo di Elton che ora mi tiene compagnia su Spofity nelle mie svariate docce di clausura forzata.

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Devo ammettere però che il mio pensiero originale non era del tutto sbagliato. La storia si svolge infatti come un lungo flashback che parte da un momento, neanche a dirlo, difficile per il protagonista. Caduto come da copione perfetto della rockstar maledetta, in una spirale di sesso, droga ed alcol, Elton decide di dare un taglio ai suoi comportamenti libertini e, in un centro di riabilitazione, ripercorre la sua vita abbandonando pian piano il personaggio che ha costruito per fare pace con Reginald lasciandosi tutto alle spalle. La trama è abbastanza semplice e facilmente intuibile nei primi 5 minuti del film, tuttavia quello che ci aspetta è un viaggio fatto di musiche, parole, glamour e decadenza che io ho amato alla follia, attaccata allo schermo contando il milione di Swarovski utilizzati nel film. Neanche a dirlo, man mano che si sfilano i ricordi attraverso il racconto, Elton da diavolo come è arrivato, arriva ad essere in tuta, prima di fare pace con il Mondo e riconquistare la libertà. In questa piccola accortezza sta tutto il senso del suo personaggio e tutta l’attenzione che Elton John, nel film come nella vita, ha dato ai costumi. Non è certo una novità il fatto che le Pop star mondiali, quelle che diventano icone sul serio, assicurino una grandissima parte del loro successo al loro guardaroba. Da Madonna a Lady Gaga la strada poi è stata costellata da stravaganze, Elton però è stato tra i primi a riconoscere che nella costruzione di quel personaggio eccentrico stava il suo successo ed è lui stesso a dire che “Elton John” appare soltanto pochi minuti prima dei concerti, con la fine della sua preparazione, prima è semplicemente Reginald Dwight.

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Tutto il film perciò si basa sulla necessità del rifiuto di sè stessi per costruire qualcun’altro, qualcuno di successo che non debba mai chiedere scusa per i propri comportamenti. La realtà naturalmente è diversa, e questo lo capisce presto anche il nostro eroe di piume e pailletes che perde però quasi tutti prima di decidere di cambiare. Il viaggio che lo accompagna in questa decisione personale è tuttavia costellato di creazioni meravigliose! Le origini ci riportano i colori ed i sapori di un’Inghilterra di provincia, non lontana da Londra e dal suo glamour (rappresentato dalle scelte di stile della madre di Reginald, che lui spia con attenzione), ma virata sui taupe e sugli arancioni delle tappezzerie e delle giacche.

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Il giovane Reginald trova nel jazz ascoltato da suo padre una via di fuga dalla noia e dalla freddezza a lui sempre riservata dal genitore, e, spinto dalla nonna, inizia a suonare il pianoforte. Viene ammesso alla Royal Academy e la sua crescita è accompagnata non solo dal talento musicale, ma anche dal gusto per la moda dell’epoca. Camice fantasia, velluto, pellicce, tutto è in stile seventies molto brit bohemien, come da vero artista in cerca di fortuna, ma soltanto quando arriva il successo i bordeux diventano viola, gli arancioni diventano oro ed i jeans si cospargono di cristalli.

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Non è un caso secondo me, che il suo primo discografico spedisca lui ed il suo paroliere (diventato nel mentre l’amico di una vita, il fratello che non ha mai avuto) negli Stati Uniti. Forse aveva visto che la sua eccentricità si sarebbe sposata meglio con il gusto eccessivo degli States. Volano a Los Angeles in una terra che sembra libera e desiderabile. Qui il successo arriva quanto un Reginald spaventatissimo veste una salopette bianca con una maglia blu a stelle argento. Quasi un richiamo alla bandiera americana, che viene poco dopo richiamata dai blu jeans, dalle giacche a bomber, dai cappelli da cowboy. Reginald scompare pian piano, anche con lo sviluppo di una propria personalità e sessualità, e lascia sempre più spazio ad Elton. Anche i colori si trasformano nel rosso, bianco e blu della bandiera a stelle e strisce.

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Qui il film si apre, la villetta a schiera diventa prima camping nelle valli californiane poi villa di gran lusso e qui i dettagli di stile si susseguono neanche fosse una sfilata, fino a quando Elton diventa un personaggio appunto ed i suoi costumi diventano da giullare.
Dalla famosissima tuta dei Dodgers, indossata in occasione del concerto nel loro stadio, al Pinball Wizard, canzone di Elton John, qui raffigurata tramite un costume da Mago di Oz, come fosse un narratore: le scarpette Rosse luccicanti di Doroty, la camicia argentata dell’uomo di latta e la pelliccia per il leone. La vita di Elton diventa narrazione ed è un attimo perchè scivoli nell’apparenza. Qui arrivano il costume di Arlecchino, una pavone giullare, quello da Regina Elisabetta I, il più complesso di tutto il film, ed infine quello da Diavolo.

“Rocketman” costumes by Julian Day

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Capite bene che la scelta dei costumi è un’allegoria ben pensata per narrare questa storia (che io a questo punto non posso non amare) e per raccontarla il regista si è affidato al lavoro di ben due costumisti: Bob Mackie e Julian Day.
Il primo è il costumista storico di Elton John, mentre il secondo è uno dei più quotati costumisti contemporanei per la narrazione di icone, che siano della musica, del cinema o dello sport. Piccola curiosità infatti è che Julian Day è lo stesso costumista del più criticato Bohemian Rapsody, nonchè di Rush, di Control (Joy Division), di Nowhere Boy (John Lennon) e Diana (Lady Di).
Sembra insomma che quando si debba ricostruire la realtà con un pizzico di glamour in più di passi da lui ed il risultato è invidiabile. Quando vorrei poter lavorare con i suoi budget …. momento commiserazione … ad ogni modo, non sono i soldi a fare la felicità, qui si parla anche di talento (e di una sponsorizzazione Swarovski).

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Sembra difficile poterlo dire, visto che la base di partenza è quella di un personaggio che ha costruito gran parte della sua carriera sul costume e sugli accessori (pensate ai suoi occhiali). Julian Day ha avuto la fortuna di studiare il lavoro di Bob Mackie attraverso la collezione privata di Elton John che conserva un centinaio di costumi (gli altri sono stati venduti per beneficenza), 50 paia di occhiali ed una moltitudine di scarpe. Tuttavia essendo il film una narrazione, Day ha avuto il benestare di Elton John stesso a creare nuovi look.

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Il totale di costumi creati per il solo protagonista è di 85 pezzi, considerando che i giorni di narrazione sono 52, alcune giornate arrivano ad avere fino a 5 cambi d’abito. 60 di questi costumi sono di scena ed escludendo la prima parte del Reginald bambino e giovane artista. Tutte le immagini che vedete nell’articolo sono disponibili sul web e quelle dell’esposizione specifica provengono dall’archivio del FIDM Museum, Fashion Institute of Design & Merchandising di Los Angeles. All’annuale Art of Motion Picture Costume Design quest’anno tra gli altri ha partecipato anche Rocketman infatti, di diritto aggiungerei.

“Rocketman” costumes by Julian Day

Julian Day dice che la sua massima ambizione era quella di soddisfare Elton John, ha cercato di farlo studiando i costumi del Carnevale di Venezia e dei circhi dei primi anni del 1900 e pare esserci riuscito, tanto che la leggenda Elton ha voluto un paio di scarpe uguali a quelle indossate da Taron Egerton.
Forse avrà perso l’oscar per Bohemian Rapsody, ma la sua soddisfazione secondo me Julian se l’è presa ed io vi consiglio assolutamente di andarvi a vedere il film, che è anche un ottimo modo di rispolverare la discografia di un grande musicista.

Alla prossima puntata con nuovi consigli per la quarantena!

Enjoy,

F.T.

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Un pensiero su “QUANDO IL COSTUME FA LA STAR

  1. I try alone to make some of this fantastic outfit, expecialli sunglasses, Not easy, i live in Italy, but in country, i order expecially in England, or America.
    i love so much this dress,because i’m an artist, but i don’t like to be or to wear different times, everyday. i’,m little Mad, i know, but i’m born in this way.

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