RIGENERA

Eccoci qui,

alla vigilia del Salone del Mobile e conseguente Fuorisalone. Penserete voi, eccolo l’articolo che ci dice dove andare e cosa fare …. e invece no. Io il Fuorisalone me lo perdo sempre perché sono al lavoro per Fotografia Europea. Tuttavia a Reggio Emilia c’è un altro festival biennale che precede sia il Fuorisalone che la Biennale di Venezia. Si chiama Rigenera (ed incredibilmente non RigeneraRE) ed ha vinto nelle ultime due edizioni il premio messo a disposizione dal Miur per la realizzazione di un festival dell’architettura contemporanea, premio con cui si finanzia appunto.

Rigenera è iniziato ieri, continuerà fino a domenica prossima ed è specificatamente incentrato sulla rigenerazione urbana. Per me questo è un argomento molto caro perché non si parla di riqualificazione, ma di rigenerazione, che è ben diverso. L’urbanista che è in me gioisce e riprende vigore!
Alla base della rigenerazione non vi è solo un riutilizzo di risorse, nel nostro caso suolo che è già urbanizzato, ma anche un principio di circolarità. Vediamo di spiegare meglio ed andare per gradi.

La prima volta che ho sentito parlare di vuoti urbani ero in università e come esempi ci presentavano città come Berlino, piena di aree dismesse in pieno centro storico, a causa da bombardamenti ed abbattimenti. Io la situazione l’avevo ben presente perché quando la prima volta sono stata a Berlino nel 2003 lungo il muro ad Est c’erano ancora dei buchi grossi come case, in senso letterale … un palazzo era in piedi, l’altro no, il successivo insomma. Quella, avrei scoperto solo dopo, era l’epoca dei grandi masterplan, di esperienze calate dall’alto dai grandi nomi dell’architettura contemporanea, come è successo anche in molte città italiane negli anni ’60 e ’70.

La cultura della rigenerazione invece non era ancora così affermata, perché prima è stato necessario vedere i danni della riqualificazione appunto. I processi di riqualificazione spesso sono avvenuti in grandi città come New York ad esempio, dove interi quartieri sono stati ridotti al degrado per far calare i prezzi delle urbanizzazioni, in modo da poterli comprare a poco prezzo, espropriarli e trasformarli in quartieri cool e di lusso. Questa è la storia di Donald Trump ed è anche il principio della gentrificazione, che sta rendendo le nostre città tutte uguali. Chi vince in questa storia? Il mercato. Non certo gli abitanti, spesso costretti a lasciare le proprie abitazioni per via dell’aumento dei prezzi e del costo della vita, così come i piccoli commercianti o i servizi di quartiere.

Ci sono esperienze interessantissime sul contrasto alla gentrificazione, a New York come a Milano, che è stata eletta proprio lo scorso anno città più resiliente a livello nazionale. E’ proprio da queste esperienze che si sviluppa invece la rigenerazione. Un principio che di fatto utilizza a tutti gli effetti delle parti di città già urbanizzate e dismesse, ma non lo fa seguendo i dettami del mercato, bensì seguendo i bisogni della comunità che vive il luogo. Questo perché alla base del concetto di rigenerazione c’è l’idea di una città come luogo di incontro, in cui lo spazio pubblico, se condiviso, viene rispettato. Naturalmente la città oggi non è solo un luogo di incontro, ma è anche la sede di processi complessi e per rispondere alle sue contraddizioni o ai suoi scontri è necessario elaborare soluzioni non scontante. Questo naturalmente richiede non solo grandi investimenti, cosa comune alla riqualificazione, ma anche molto tempo, elemento ben più difficile da tenere in considerazione nella nostra società.

Ai progettisti perciò spetta questo arduo compito, ovvero quello di pensare la città del futuro. In quale città vorremmo vivere, se ci pensiamo? L’Europa ha provato a rispondere a questa domanda attraverso i principi del New European Bauhaus, di cui vi ho parlato anche qui, ovvero indentificando 3 obiettivi: bellezza – sostenibilità – inclusione.
Questi principi vanno certamente nella direzione della rigenerazione urbana, ma c’è una grossa componente che manca per poter sviluppare il progetto: la cultura urbanistica ed architettonica. Sì perché la condivisione presuppone una comunione di obiettivi ed oggi si sta andando invece verso un’individualismo sempre più spinto che fa morire i nostri luoghi di aggregazione e gli spazi pubblici, mentre ci fa pensare soltanto alla nostra piccola proprietà privata.

E’ pertanto prima di tutto necessario un cambio di visione. La società va educata a sentirsi nuovamente parte di una comunità, altrimenti questo tipo di operazioni rimarranno calate dall’alto e non saranno condivise. Il punto fondamentale nel processo circolare di rigenerazione infatti è che il processo non è imposto, bensì è parte di una scelta condivisa dalla comunità. Solo questo senso di appartenenza può generare un patto di prossimità che può aiutarci a recuperare quella che oggi viene chiamata “la città dei 15 minuti”. Una città in cui tutto è raggiungibile in 15 minuti e gli spazi collettivi sono utilizzati e presidiati sempre, evitando quei rischi di zonizzazione da cui oggi, giustamente, si fugge.

Rigenera si interroga sulla situazione attuale e sulle possibili soluzioni attraverso conferenze, incontri con architetti che si occupano di rigenerazione (ieri ad esempio io ho seguito l’incontro con Giancarlo Floridi di Onsite Studio di Milano, quello con Mirko Franzoso di Franzosomarinelli architetti – che la scorsa edizione hanno vinto il premio rigenera – e con Franco Tagliabue Volontè di IF Design – che ha vinto invece il premio di migliore architetto nel 2021 con il progetto bellissimo NOIVOILORO) e passeggiate urbane per la città.

NOVOILORO – Cooperativa sociale, Erba

In tutto ciò vi chiederete, ma perché un festival sulla rigenerazione urbana a Reggio Emilia?
Perché Reggio ospita una delle più grandi aree industriali dismesse d’Europea, quella delle ex officine Reggiane. Un’industria di aerei, poi bellica, fallita nel dopoguerra e diventata negli anni uno dei centri più grandi di street art ed occupazione urbana.
Quest’area, paragonabile per metri quadri all’Apple Campus in California, dal 2010 è stata interessata da un enorme ed ambizioso processo di rigenerazione urbana che sta portando man mano alla realizzazione di nuovi spazi per la città. Al momento è stato riqualificato soltanto un grande capannone, che conserva la struttura originaria, ma che ospita co-working, uffici, centri di produzione e sperimentazione. A fianco è appena stata aperta una nuova area sportiva pubblica ed aperta che comprende uno skate park e campi da basket, mentre la grande ambizione è il collegamento con la città attraverso un ponte ciclo-pedonale che passi i binari ferroviari (l’area è infatti dietro alla stazione centrale) nonché la ricostruzione di un grande polo produttivo in città.

Chissà come proseguirà questa impresa. Intanto io direi che sognare è sempre bello, lo è ancora di più quando si vedono i primi passetti realizzati.

Spero di avervi incuriosito ed avvicinato alla città del futuro, perché se non siamo noi i primi a crederci difficilmente si potrà realizzare.

Enjoy!

F.T.

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